Siamo nell’ottobre 2020 e scatta l’operazione “Perfido” con gli arresti disposti dal G.I.P. di Trento, eseguiti dalle forze dell’ordine in Trentino e in altre regioni d’Italia. Segue un clamore mediatico senza precedenti, la stampa riporta passaggi dell’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Trento dott. Marco La Ganga; uno scandalo, un fulmine a ciel sereno che per la prima volta costringe i cittadini trentini e le Istituzioni ad interrogarsi sulla presenza delle mafie. Fino a quel momento i segnali della presenza delle mafie erano caduti nel vuoto. Nessuno voleva credere che la criminalità organizzata potesse radicarsi anche in Trentino. Del resto, è sufficiente leggere la cronaca degli anni precedenti per accorgersi di quante volte la presenza delle mafie sia stata negata o sottovalutata dalle forze politiche e da alcune istituzioni, nonostante i riscontri giudiziari che dimostravano certamente il fortissimo rischio che il territorio trentino fosse molto appetibile per gli interessi della ‘ndrangheta, oltre ad alcuni dati davvero eloquenti emersi durante importanti processi contro le mafie celebrati in altre regioni e riportati da alcuni coraggiosi giornalisti ed attivisti. Infatti, lo stesso G.I.P. del Tribunale di Trento nell’ordinanza rileva come tale azione criminale si è insediata in Trentino grazie alla prolungata sottovalutazione e in certi casi connivenza da parte di soggetti della provincia. Sottovalutazione e connivenza: sono i tratti essenziali che impediscono l’emersione del fenomeno, quantomeno sul piano penale, in quasi tutte le operazioni contro le mafie del Nord Italia. Ma come è stato possibile che nessuno si sia accorto di niente? • “’Ndrangheta in trentino con droga e riciclaggio” titolava la Repubblica in un articolo del 13.02.1982; • “Porfido: come nel Far West. Prima le minacce dopo si passa… ai fatti” titolava l’Adige in un articolo del 24.05.1986; • “Droga, storia del boss che ha trasformato Trento” titolava un articolo online del Trentino corriere delle Alpi del 29.06.2006; • “Caso mafia al Senato, l’ira di Dellai. Divina e Santini sollecitano la commissione parlamentare. Il presidente attacca: così danneggiano il Trentino” titolava l’Adige in un articolo del 20.07.2006; • “Sul fronte della criminalità organizzata ormai per il Trentino non si può più parlare di isola felice” sosteneva il Procuratore Generale di Trento Stefano Dragone già nel lontano 2008; • “La ‘Ndrangheta non è un problema solo dell'Italia meridionale, ma di tutto il paese, dell'Europa e del mondo intero”; “ci sono colonie di ‘ndranghetisti, i cosiddetti ‘locali' a decine in Lombardia, in Piemonte, Emilia Romagna, Trentino-Alto Adige e Veneto.” (Nicola Gratteri - Gemona convegno 2 agosto 2010); • “Le mani della ‘Ndrangheta in Trentino” titolava un articolo dell’Adige online del 21.01.2011; • “Riciclaggio, indagini su 30 operazioni” titolava l’Adige in un articolo del 17.10.2011; • “In Trentino sempre più reati di mafia. L’allarme della Commissione parlamentare: tendenza preoccupante” titolava un articolo online del Trentino corriere delle Alpi del 01.02.2012; • “Mafia i rischi sono reali. Il rapporto Transcrime: Trentino nel mirino” titolava un articolo del Trentino del 03.05.2012; • “In Trentino c’è un po’ di tutto. Cosa Nostra, Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita” dichiara il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura sul mensile QT del 10 ottobre 2013; Nel corso dell’attività d’indagine “Perfido” sono stati valorizzati molti eventi passati che fondano l’affermazione del G.I.P. di Trento in ordine “a prolungata sottovalutazione da parte degli organi inquirenti del fenomeno”. Infatti, l’inizio dell’insediamento delle mafie in Trentino risale agli anni ’80 attraverso attività imprenditoriali e, successivamente, mediante l’ingresso nella pubblica amministrazione. Gli investimenti in attività imprenditoriali sono stati all’epoca evidenziati nelle indagini “Clan”, “Nano” e “Nano - bis”. Soprattutto l’indagine “Nano” ha consentito di raccogliere prove circa la gestione associata di attività criminali. Analizzando ulteriori procedimenti della Procura e della D.D.A. di Trento emerge chiaramente che a partire dagli anni ’80 ad oggi è avvenuto un silente processo di insediamento nel tessuto sociale locale di soggetti vicini alla ‘ndrangheta che sono riusciti a sviluppare rilevanti attività imprenditoriali. In particolare, questi soggetti sono riusciti ad acquisire il monopolio locale nei settori dell'estrazione lavorazione del porfido e dei connessi settori della logistica e dei trasporti. L’inserimento graduale all’interno della comunità ha permesso ad alcuni, addirittura, di accedere a cariche politiche locali ricoprendo ruoli strategici in campo amministrativo e nei gruppi politici di maggioranza del governo comunale al fine di accreditarsi anche presso le forze politiche e le istituzioni provinciali. Tanti “sintomi”, dunque, della colonizzazione della ‘ndrangheta in Trentino. Decenni in cui questi personaggi hanno potuto creare una rete di intrecci con imprenditori locali, politici, istituzioni sino a partecipare direttamente e indirettamente alla vita amministrativa dei comuni del porfido. Un silenzio corroborato in diverse occasioni da esponenti delle Istituzioni che, evidentemente, hanno sottovalutato diversi segnali che avrebbero dovuto attivare una reazione pubblica. Reazione pubblica che ora è necessaria per evitare che le mafie continuino a radicarsi nel territorio Trentino distruggendo la concorrenza, depauperando un territorio ricco di risorse e alterando la vita democratica delle comunità trentine.